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Il rogo della Giubiana - Parte 2-

Secondo Franca Pirovano, in “Uomini, animali, Santi, nella cultura popolare in Brianza” , queste caratteristiche della Gibiana suggeriscono un’interpretazione diversa da quella che fa di lei una strega: un’interpretazione più complessa nella quale la stregoneria è un’aggiunta o una deformazione posteriore come è accaduto ad altri riti precristiani di fertilità, demonizzati dagli Inquisitori.

Innanzitutto va posta l’attenzione sul tempo in cui il rito è celebrato perché è proprio da questo spazio temporale, che si potrebbe definire magico, che discende la prima considerazione: l’inverno si avvia ad una sempre più vicina conclusione, si avverte già qualche leggero tepore che preannuncia l’approssimarsi dell’equinozio di primavera, il “tempo sacro” per tutte le società primitive di tipo agropastorale, la cui economia era prevalentemente affidata alla fertilità della terra, alla giusta concimazione dei campi e infine dell’abbondanza dei raccolti. Ma tutto ciò non poteva avvenire se non con i riti propiziatori, in uso presso i popoli dell’occidente e dell’oriente, con sacrifici sia incrudeli che crudeli, ovvero vittime umane, sul principio alquanto legalistico, che la divinità rende in proporzione di quanto riceve, e quando la richiesta è alta altrettanto alta deve essere l’offerta.

Secondo Cherubini, autore di un vocabolario milanese-italiano pubblicato tra il 1839 e il 1843 “Giubiana” significa “fantasma”. A metà del secolo scorso non erano rare le persone che asserivano atterrite di averla veduta almeno una volta nella loro vita. Quel nome denota però anche una festa, nata forse proprio per esorcizzare il fantasma. Cherubini documenta la sua affermazione facendo l’esempio di Gallarate, dove però la gesta è scomparsa dal 1859 senza alcuna ripresa. Angelico Prati nel suo “Vocabolario etimologico italiano” (Torino, 1951) fornisce una spiegazione più completa della voce “Giubiana”.
Oltre a “fantasma”, “Giubiana” vuol dire “donna vile”; in trentino “zobiana” vale “strega”, mentre in bresciano “zobiana” è sinonimo di “sgualdrina”. La derivazione è comune: da “gioebia” (milanese) o “zobia” (trentino), “giovedì”, giorno ritenuto delle streghe. Bruno Migliorini nel suo volume “Dal nome proprio al nome comune” (Genova, 1927), mostra come il suffisso –ana in conseguenza della sopravvivenza Diana presso le varie nazioni di lingua neolatina nel significato di strega o fata, abbia fato luogo a molti nomi di contenuto analogo: oltre le “Giubiana” e “Zobiana” citate si trovano “Ainguana” nel bellunese e l’ “Anguana” ladina. Secondo alcune interpretazioni le “Ainguane” trarrebbero il loro nome dall’acqua, ma secondo un’altra ipotesi, della studiosa G. Meneghetti, deriverebbero dalle divinità celtiche “Adganae”: il luogo di provenienza dell’iscrizione, Galliano, centro di antichissimo insediamento umano, rende assai probabile l’ipotesi della derivazione celtica di questa tradizione.

In Europa durante l’inverno la maggior parte dei fuochi si accendono la vigilia d’Ognissanti (31 ottobre), il giorno di Natale e la vigilia dell’Epifania. Molto comuni sono le cerimonie della prima domenica di quaresima dove ricorrono i due motivi principali rintracciabili nella festa della Gibiana: la protezione dei raccolti e la fertilizzazione dei campi, da un lato, e la cacciata delle forze malvagie (come il “cattivo seminatore” o la grandine o gli insetti o i roditori) dall’atro. Il luogo scelto, cioè un’altura, il rumore e le modalità di preparazione del falò sono comuni alle feste europee, in particolare a quelle del Belgio, della Francia e della Germania

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